La coesione sociale passa dalla città

Non basta l’ambizione. Non bastano le velleità personali per accedere ad una carica politica.

Non sono sufficienti neppure le dichiarazioni di appartenenza. Ci vuole, credo, un progetto

collettivo. Un’idea di società basata su valori forti da tradurre in proposte.  E, soprattutto, una capacità di fornire risposte concrete ai bisogni altrettanto concreti della cittadinanza. E non è un esercizio sempre facile per chi ha responsabilità esecutive.

Alla lista dei desideri, che sono espressione degli indispensabili ideali, si affianca inevitabilmente la lista delle priorità, che detta l’azione politica. Non sempre le priorità coincidono con i desideri. E non sempre i tempi della politica ne favoriscono la realizzazione. Soprattutto in un contesto sociale, economico e culturale come quello che stiamo attraversando.

Le persone in difficoltà aumentano. Chiedono aiuti concreti che devono essere assicurati dalla città. E il periodo che stiamo vivendo è pieno di paradossi: da un lato si esigono dall’ente pubblico drastiche cure di risparmio, d’altro lato si chiede giustamente di erogare aiuti e risorse finanziarie alle persone e alle realtà economiche colpite dalla pandemia.

Ma non si possono raggiungere contemporaneamente obiettivi contrapposti. Dal mio punto di vista e in base alla mia sensibilità politica – attenta alla socialità, all’ambiente e alle pari opportunità, priorità condivise dall’AlternativA Verdi e Sinistra insieme –  l’ente pubblico deve avviare una politica economica anticiclica e favorire gli investimenti. Ben sapendo che ha dei costi. Ma solo investendo si evita di entrare in una pericolosa spirale recessiva, che non solo non risolleverà il Paese, ma accrescerà e acutizzerà le disuguaglianze. A livello comunale, cantonale e nazionale.

I nuovi dati sulla povertà in Svizzera sono allarmanti: in Svizzera una persona su cinque non è in grado di far fronte a una spesa imprevista. Nel 2019 l’8,7% della popolazione (ossia circa 735 000 persone) era colpito da povertà reddituale. Il 12,2% della popolazione ha dichiarato di avere difficoltà a sbarcare il lunario.

E questi dati non prendono ancora in considerazione gli effetti della pandemia di COVID-19. Sappiamo benissimo che, terminato l’effetto degli ammortizzatori sociali, la società e la politica dovranno fare i conti con un netto aumento dei disagi, già drammaticamente palpabili. Il numero di persone con gravi disturbi depressivi è raddoppiato durante la seconda ondata della pandemia: in aprile erano il 9% della popolazione, mentre a novembre il 18%. Depressione e stress in aumento anche tra i giovani dai 14 ai 24 anni secondo uno studio dell’Università di Basilea.

L’ente pubblico ha il dovere di farsi carico delle fasce della popolazione più vulnerabili: da quella anziana, duramente colpita ed emarginata, a quella giovane, limitata da costrizioni e limitazioni in un momento della vita che dovrebbe poter vivere pienamente. L’ente pubblico ha una responsabilità di coesione sociale che non può tradire, specialmente quando è chiamato a svolgere un ruolo di primissimo piano per superare una pesante crisi che ha travolto tutti.

Chi ha sempre inneggiato al meno Stato e allo Stato snello – e a cui oggi chiede a gran voce  aiuto e aiuti – dovrebbe finalmente riconoscere il  ruolo e la rilevanza dello Stato sul piano economico.  Pur sapendo che occorre gestire con la massima oculatezza le finanze, oggi abbiamo bisogno di uno Stato forte che investa,  anziché indebitare i cittadini e le imprese che non possono sopportare debiti troppo pesanti.

Françoise Gehring, candidata al Municipio, L’AlternativA – Verdi e Sinistra insieme, lista 4