7 febbraio 1971 : il suffragio femminie diventa realtà

Noi diamo spesso per scontate proprio le cose che più meritano la nostra gratitudine. Una di queste è la lotta per la conquista del diritto diritto di voto e di eleggibilità delle donne nel nostro Paese. Il 7 febbraio 1971 conseguono finalmente il tanto sospirato obiettivo: gli elettori accettano il diritto di voto e di eleggibilità per le donne in materia federale con il 65,7% di sì contro il 34,3% di no: 53 anni dopo la Germania, 52 dopo l’Austria, 27 dopo la Francia e 26 dopo l’Italia.

Sulla scia del successo ottenuto a livello federale, la maggior parte dei Cantoni introduce poco prima, poco dopo o contemporaneamente al diritto di voto per le donne in materia federale anche il suffragio femminile in materia cantonale e, in parte, comunale.  Alcuni Comuni ne ritardano l’adozione fino agli anni Ottanta. Appenzello Esterno approva il suffragio femminile a debole maggioranza di levata di mani soltanto nel 1989. In Appenzello Interno occorre persino una decisione del Tribunale federale: il 27 novembre 1990 la Corte decide che anche in questo Cantone le donne possono recarsi da subito alle urne. Le ultime donne a votare per la prima volta in materia cantonale lo fanno quindi il 28 aprile 1991.

Premesso che cinquant’anni dopo resta comunque molto da fare, la gratitudine per le donne che si sono impegnate per questo traguardo è grande. Come è grande nei confronti di tutte quelle donne  che ancora oggi si espongono quotidianamente per ottenere una piena parità. Quella parità sancita nella Costituzione svizzera il 14 giugno 1981.

Esporsi significa metterci la faccia, tessere alleanze, ma anche crearsi dei nemici. Significa entrare in campo e giocare fino in fondo la partita con regole e dinamiche ancora prevalentemente maschili. Quindi grazie alle donne. Grazie per il tempo, grazie per l’esempio, grazie per la forza.

Sì, perché le donne devono andare avanti a lottare. Senza mai mollare, anche di fronte ad attacchi più o meno palesi. Mi viene in mente una cara amica e una grande signora del PSA (Partito socialista autonomo), Carla Agustoni che in una riflessione sulle persistenti disparità tra donne e uomini, scrisse: “Vecchia storia? Eh, no, storia recente, molto recente. Eppure non si deve mollare: siamo o non siamo la Repubblica dei piccoli passi? Io dico sempre che con la testa mi piace stare nelle nuvole dell’utopia, e con i piedi mi adatto alla marcetta dei piccoli passi. Ma mai cedere nemmeno un millimetro di terreno conquistato. È stato troppo faticoso!”

Continuare a promuovere le pari opportunità a più livelli, è un modo di rendere omaggio a tutte le donne che, con caparbietà e costanza, hanno fatto la storia. Anche la storia quotidiana, fatta inevitabilmente di insuccessi, ma anche di traguardi. Ben consapevoli che la strada verso una piena parità è ancora lunga e piena di ostacoli.

E possiamo dire che, grazie a  una condivisione collettiva, a Mendrisio qualcosa di bello è successo. A passi più o meno spediti. Grazie all’impulso della sinistra – che ha coinvolto anche le altre forze politiche del comune – Mendrisio ha introdotto un congedo paternità di quattro settimane e il Bilancio di genere, a cui seguirà un Piano d’azione per la parità. Presto avremo anche delle vie al femminile. L’interrogazione promossa l’8 marzo 2020 da Verdi e Insieme a Sinistra  – e sostenuta da tutte le altre forze politiche – è infatti sfociata in progetti concreti al vaglio della Commissione toponomastica, che sta lavorando bene.  Insomma non solo simboli,  non solo idee. Ma anche fatti !

 

 

La lunga strada verso il suffragio femminile in sintesi

1868:   un gruppo di donne zurighesi rivendica invano il diritto di voto in occasione della revisione della Costituzione cantonale. Altre iniziative in tal senso vengono lanciate in altri cantoni nella prima metà del Novecento, sempre senza successo.

1887       La prima giurista svizzera, Emilie Kempin-Spyri (1853-1901), dà modo al Tribunale federale di chinarsi per la prima volta sulla questione della parità tra i sessi. Il Canton Zurigo le aveva negato l’accesso all’avvocatura perché, in quanto donna, non godeva del diritto di voto e di eleggibilità. Tale diritto era allora considerato una premessa irrinunciabile per l’esercizio della professione. Emilie Kempin-Spyri interpone pertanto un ricorso di diritto pubblico al Tribunale federale. La sua idea – che l’art. 4 Cost. («Tutti gli Svizzeri sono uguali innanzi alla legge») postuli la parità di diritti tra donna e uomo – è tuttavia respinta dai giudici federali, che la ritengono «tanto nuova quanto temeraria».

1951:    Alla luce dei ripetuti fallimenti a livello cantonale, il governo svizzero pubblica un r    apporto nel quale considera prematura una votazione federale sul tema.

1957:   Il governo vuole estendere alle donne il servizio obbligatorio di protezione civile. La proposta scatena l’ira delle associazioni femminili, che si oppongono a nuovi obblighi in assenza di diritti politici. Per salvare il progetto, il governo presenta una bozza per una votazione sul suffragio femminile. Lo stesso anno, per la prima volta nella storia elvetica, alcune donne si recano alle urne a Unterbäch, in Vallese, contro la volontà del cantone.

1958       Nata a Basilea in una famiglia dell’alta borghesia, Iris von Roten è stata giurista, giornalista e scrittrice. A fianco del marito Peter si è battuta per l’emancipazione femminile. Il suo libro “Frauen im Laufgitter” – uscito nel 1958 – prende di mira la sottomissione delle donne e il predominio maschile e dedica un intero capitolo alla libertà sessuale. Il successo editoriale del libro è stato accompagnato da un’ondata di polemiche e da moti di odio nei confronti dell’autrice. Iris von Roten ha messo fine ai suoi giorni nel 1990.  Il suo libro «Frauen im Laufgitter. Offene Worte zur Stellung der Frauen» (Donne in un box per bambini. Parole franche sulla condizione delle donne) oggi viene ritenuto l’anello mancante tra «Il Secondo sesso» di Simone de Beauvoir e «La mistica della femminilità» di Betty Friedan.

1959:   Il suffragio femminile viene respinto in votazione popolare con il 66,9% di no e una partecipazione del 66,7%. Il progetto è accolto solo nei cantoni di Vaud, Ginevra e Neuchâtel.

1963:   La Svizzera entra a far parte del Consiglio d’Europa. Non ratifica però la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali (CEDU), poiché non ha ancora accordato il diritto di vito e di eleggibilità alle donne. Nel 1969, in seguito alle proteste del Movimento di liberazione della donna, il governo è costretto a presentare una nuova proposta.

1971:    Con il 65,7% di sì, i votanti maschi accordano il diritto di voto e di eleggibilità alle donne a livello federale, 53 anni dopo l’Austria e la Germania, 27 dopo la Francia e 26 dopo l’Italia.

1990:   Appenzello Interno è l’ultimo catone ad introdurre il suffragio femminile, in seguito a una sentenza del Tribunale federale.

 

Françoise Gehring